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ADOLESCENTI, SCUOLA, COVID E MOLTO ALTRO… di Simonetta Bonfiglio

ADOLESCENTI, SCUOLA, COVID E MOLTO ALTRO…
di Simonetta Bonfiglio
Psicoanalista SPI e IPA, Presidente del Centro Milanese di Psicoanalisi

 

Torniamo a parlare di adolescenti e di Covid-19. L’occasione nasce dall’incontro, presso il Centro Milanese di Psicoanalisi, con uno studente, G., dell’ultimo anno di un liceo classico di Milano, incontro che vede diverse figure professionali e diverse generazioni a confronto: tre psicoanaliste che si occupano di adolescenti, nel privato e in istituzioni sanitarie, un giornalista, un’insegnante.

G. fa parte del collettivo di un liceo che ha steso un documento sul tema: è molto interessato al dialogo, un dialogo aperto con il mondo e con se stesso, un dialogo che esprime la sua tenace, vivace, sincera e difficile ricerca di sé, la tensione e l’impegno verso la creazione del suo mondo, le critiche al mondo  scolastico, la denuncia severa del suo malfunzionamento e delle carenze, viste come  espressione di una incapacità della società e delle istituzioni a rispondere al compito educativo. G. comunica in questo modo, con immediatezza, la sua posizione di adolescente in marcia, che guarda il mondo e lo vuole abitare e cambiare.

La scuola, (come la famiglia) è oggi in profonda sofferenza: tutte le sue componenti, insegnanti e studenti, esprimono un disagio che sembra difficile da ascoltare, capire e trasformare.

G. incarna la voce del disagio degli studenti, che mandano un SOS e insieme mostrano la determinazione e la fiducia di poter cambiare le cose.

G porta la voce del gruppo, l’habitat naturale in cui l’adolescente compie insieme ai suoi pari la sua “tempestosa rivoluzione” (Rousseau).

La voce degli studenti ha preso slancio e occasione dalle conseguenze del covid, dopo la ripresa scolastica, ma si spinge più in là: amplia l’orizzonte sulla relazione tra generazioni e illumina sofferenze e aspettative. Così dicono: ”Al nostro ritorno, l’ambiente scolastico come e più di prima ci si è presentato come un luogo di apprendimento passivo e come fonte primaria di ansie e problemi psicologici. La scuola è in crisi ed è necessario un cambiamento: occupiamocene noi.”

L’esplosione della sofferenza

Insieme all’esplosione del Covid è sembrato di assistere ad una “epidemia psichica” tra gli adolescenti: un aumento esponenziale di atti autolesivi, tentati suicidi, disturbi gravi del comportamento alimentare, attacchi di panico,  fenomeni di dipendenza da internet, isolamento e abbandono scolastico, vengono registrati  dalle strutture sanitarie e territoriali di NPI.

Il percorso di soggettivazione adolescenziale espone ad uno stato di perdita di riferimenti (nel corpo, nel rapporto con le figure genitoriali, nel mondo esterno, nelle fluttuazioni e sensazioni interne) e conseguentemente ad uno stato di incertezza. Tutto questo fa bene comprendere perché l’adolescenza sia un’età specificamente a rischio psicopatologico, e particolarmente sensibile e dipendente dalla risposta ambientale, familiare, sociale.

Quale specifico bisogno evolutivo è stato ostacolato o addirittura aggredito dall’esperienza traumatica della pandemia e dai conseguenti necessari cambiamenti di vita sociale? Quali i possibili fattori preventivi?

Se ne è molto parlato: ora che lentamente ci lasciamo alle spalle la pandemia, può esistere il rischio che queste domande restino sospese o nuovamente accantonate, o che a una domanda autentica si diano superficiali o frettolose o false risposte.  Lo slancio appassionato dei ragazzi esprime la ricerca di un interlocutore adulto che resti in ascolto, che sia in grado di tenere una posizione differenziante, accogliente e autentica insieme. In grado di rispecchiare la loro condizione di forza e di fragilità, necessarie alla crescita psicologica.

Nel confrontarci in questa piccola “tavola rotonda” a più voci su un punto c’è stata piena convergenza: Il covid ha soprattutto fatto emergere fragilità criticità, bisogni già presenti, su cui poco erano accesi i riflettori, sia a livello delle istituzioni sanitarie e scolastiche che a livello delle famiglie e dei singoli, tutti portatori di una sofferenza latente  che è esplosa. Paradossalmente l’irruzione sulla scena di una sofferenza così diffusa e con un tale salto di qualità e quantità potrebbe trasformarsi in un fattore positivo che sfida e spinge per il cambiamento, ponendo domande.

Certamente due elementi, tra agli altri, hanno avuto  una valenza dirompente ostacolando il compito evolutivo specifico dell’età e scatenando in molti casi una tempesta perfetta:

  1. La mancanza del gruppo dei pari, in “carne e ossa”.
  2. L’eccesso di chiusura all’esterno e insieme un “troppo” di presenza e contatto con i  genitori, una riduzione di reciproco spazio vitale che garantisse la “giusta” distanza o la giusta vicinanza tra genitori e figli.

Il covid ha quindi ostacolato sia l’integrazione e identificazione nel gruppo dei pari sia il progressivo distacco dai genitori: due dinamiche necessarie e centrali del compito evolutivo.

Il sistema, la cultura. Le relazioni, il soggetto, il gruppo

Un passaggio del documento mi sembra particolarmente interessante. I ragazzi del collettivo segnalano una sofferenza diffusa per la quale chiedono aiuto psicologico individuale e gruppale, per sé e per gli insegnanti, inoltre ritengono utili corsi sulla sessualità. Così facendo, nel riconoscere e condividere le loro difficoltà, a fronte dell’esacerbarsi di sentimenti di incertezza e inadeguatezza, al crescere di stati d’ansia di fronte al compito e al giudizio, gli studenti ripiegano e  sembrano negare ciò che nel documento hanno chiaramente affermato: “La nostra generazione, soprattutto a seguito della pandemia, soffre una grande diffusione di ansia e disturbi della salute mentale. Siamo convinti che questo non sia un problema esclusivamente personale, ma che abbia una matrice culturale. Alle radici di questo disagio ci sono un sistema ed una cultura che mettono grandissima pressione sull’individuo e sulla prestazione.”

Genitori e istituzione scolastica sembrano arroccati su posizioni difensive e cercano di controllare il futuro proponendo un modello narcisistico del successo individuale come soluzione al tema dell’identità e della sicurezza. Il modello dell’alta prestazione e della competizione sociale può creare pressioni, timori, acuire fragilità e dubbi, indebolire la spinta più autentica, gli investimenti di ricerca  verso obiettivi personali che incuriosiscono o appassionano. Il rischio è di operare una dissociazione tra apprendimento e motivazioni profonde e affettive, una mortificazione della spinta creativa e personale.

Le parole degli studenti esprimono nel modo migliore, più accorato e convincente il senso antico di questa richiesta e di questo bisogno, chiedendo a noi adulti di essere un modello di identificazione e di testimoniare, riconoscere e trasmettere, senza proiettare paure, il piacere per la crescita e per la scoperta del mondo.

Comunicare, essere carismatici, e saper emozionare è importante tanto quanto conoscere la propria materia perché solo in presenza di un rapporto umano profondo ci può essere educazione, perché prima ancora che ascoltando e rielaborando informazioni, impariamo per imitazione, per fascinazione e per partecipazione, come scrisse Platone.”