Skip to main content
Genitori-figli

COSIMO: STORIA DI UN INCERTO CONFINE TRA LIBERTÀ E PRIGIONIA di Ivana Antonia Longo

COSIMO: STORIA DI UN INCERTO CONFINE TRA LIBERTÀ E PRIGIONIA
di Ivana Antonia Longo

 

Il Piccolo Teatro di Milano in questi giorni porta in scena Il Barone Rampante, un testo dedicato, a mio avviso, al difficile compito della crescita in adolescenza.

La storia è nota. Cosimo un ragazzo di dodici anni si rifiuta, disobbedendo al padre, di mangiare un piatto di lumache (preparato dalla sorella Battista) e decide di passare la sua vita sugli alberi.

Sembra, e lo è, un gesto emancipatorio, una ricerca di una propria identità che inevitabilmente passa attraverso uno scontro generazionale. Il giovane, uscito dall’infanzia dove, tra l’altro, si immaginano gli adulti onnipotenti con la segreta speranza di diventare lui stesso onnipotente, ha il compito di modellare il suo mondo interno e di decidere chi vuole essere.

Il contraltare di Cosimo sembra essere la sorella Battista, sempre ubbidiente ai genitori, non si ribella alle ingiustizie ma in cucina prepara piatti ‘schifosi’; come a indicare che senza la ricerca di una propria autonomia non c’è speranza, si possono fare solo cibi immangiabili. Se non si cresce non si possono avere relazioni buone con gli altri. Battista fa solo dispetti.

Ma torniamo alla storia, passano gli anni e Cosimo continua a stare sugli alberi, studia, impara tante cose, ha contatti con moltissime persone e soprattutto si innamora. I genitori hanno accettato la sua diversità. Molte cose sono cambiate. Cito: “Capì questo: che le associazioni rendono l’uomo più forte e mettono in risalto le doti migliori delle singole persone, e danno la gioia che raramente s’ha restando per proprio conto, di vedere quanta gente c’è onesta e brava e capace e per cui vale la pena di volere cose buone (mentre vivendo per proprio conto capita più spesso il contrario, di vedere l’altra faccia della gente, quella per cui bisogna tener sempre la mano alla guardia della spada)”.

Ma allora perché prosegue la vita sugli alberi?

Per fare questo bisogna riconoscere ed accettare i cambiamenti, bisogna accettare che ciò che ci era stato utile un tempo ora rischia di divenire una prigione.

Tutto questo mi riporta alla memoria un mio piccolo paziente di tanti anni fa. Era un bambino intelligente che faceva molta fatica a crescere, aveva avuto un’infanzia difficile con scarsa empatia dai genitori. In particolare la madre aveva richieste di buone prestazioni e il piccolo non si era sentito amato per quel che era ma per quello che faceva. Un giorno gli chiesi cosa volesse fare da grande. La risposta fu fulminea: “Il pensionato!”. In altre parole non era ancora pronto ad uscire dalla dinamica del narcisismo, del risarcimento e a investire sulle proprie capacità.

Analogamente Cosimo non riesce ad uscire dal suo mondo di onnipotenza narcisistica, non riesce ad affrontare la realtà coi suoi limiti, certo, ma anche con le sue possibilità. Preferisce raccontare-raccontarsi storie molto avventurose ed estremamente eroiche un po’ come fanno i bambini. Anche davanti alla possibilità di perdere il suo amore (Viola) “continuava a sputar sentenze, fino a che lei non gli sfuggiva: allora lui, a inseguirla, a disperarsi, a strapparsi i capelli.”

Vorrei concludere queste brevi note con le dolenti parole di Biagio: “Riconobbi la sua maniera solita di rifiutare ogni cosa che lo costringesse ad uscire dal suo mondo”.

 

Ivana Antonia Longo
Gruppo “Teatro e Psicoanalisi”

Dott.ssa Ivana Antonia Longo, membro SPI-IPA
socia del Centro Milanese di Psicoanalisi “Cesare Musatti”
Sezione locale della Società Psicoanalitica Italiana