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Genitori-figli

“GUERRA E PACE: COME NE PARLIAMO AGLI ADOLESCENTI” di Claudia Balottari

“GUERRA E PACE: COME NE PARLIAMO AGLI ADOLESCENTI”
di Claudia Balottari


Il vero crimine è il silenzio
(Hanna Segal)

 

SI PUO’ COMINCIARE DA COME NE PARLANO GLI ADOLESCENTI*

Gli adolescenti parlano, per dire come si sentono nel clima luttuoso che annerisce l’umore, che fa perdere la bellezza e la gioia della vita, la speranza e il progetto del futuro, toglie fiducia nell’adulto, toglie libertà di espressione, inasprisce la rabbia, mortifica il corpo.

Opera di BANSKY

Silvio, 16 anni: “La guerra è un pensiero fulminante che brucia tutto il mondo. A volte si è stupidi.  A volte sono io che vorrei fulminare”.

Anna, 15 anni: “Vi prego, non fatte scoppiare la guerra, vorrei un futuro”

Paolo, 14 anni: “se ti mettono in mano un fucile, poi devi sparare, oppure ti spari tu, oppure che fai, stai fermo lì”.

In molte classi, gli studenti chiedono di fermare le lezioni per parlare della guerra.

 

AIUTIAMOLI A PARLARE ALLORA

Avviciniamoli nella loro quotidianità, affinché la fonte delle loro conoscenze non sia il mondo chiuso dei social, dove circolano spesso false notizie a sostegno di una mal informazione che fa radicare il pregiudizio.

Attiriamoli verso l’in-teresse per l’altro creando simposi di conoscenza, proponendo modi capaci di suscitare domande che consentano alla mente di vagare e di esplorare altre prospettive.

Costruiamo laboratori di dispute cortesi, per conoscere la storia del mondo, per conoscersi e frenare sia l’impulso all’azione che l’immobilizzazione del corpo. Apriamo l’attenzione al conflitto e a scenari di negoziazione, dove la bellezza del risultato fulmini con improvvise sorprese di conciliazione inaspettate. Facciamolo per prevenire esplosioni di rabbia o di mortificazione autodistruttiva dentro di loro.

Proponiamo sfide che suscitino domande, dove ogni voce piccola abbia il valore di un apporto grande, rinunciando alla risposta “unica ed esatta” della supremazia.  Cerchiamo parole che facciano vivere e integrare convinzioni ideologiche diverse, mettendo in luce la conseguenza  emotiva e concreta delle scelte.

Il conflitto non si annulla, trova soluzione solo nel confronto che sa ascoltare le differenze senza contrapporre buoni e cattivi, si sviluppa nella continuità dinamica tra amore e odio, vita e morte, forze rancorose e rinuncia alla vendetta, rinunciando alla personalizzazione del male che identifica il capro espiatorio da uccidere.

Invogliamo a conoscere la complessità delle forze che interagiscono per mantenerlo. Facciamo invece risaltare l’evidenza sistemica del male: all’interno di sé, nella comunità, nel mondo.

 

LA PACE E’ UN PROCESSO DI TRASFORMAZIONE

La guerra non arriva all’improvviso ma si alimenta in un regime emotivo e decisionale che non conosce la deposizione delle armi.

Facciamo allora comparire l’evidenza del processo doloroso che prepara il padroneggiamento della rabbia e della violenza, con un percorso in cui tutti vincono, nessuno perde, ma ad ogni parte spetta una quota di rinuncia luttuosa per sconfiggere la mente che odia.

Aiutiamo a riconoscere il senso di solitudine che rimanda al singolo il dolore del processo di pacificazione che porta a contatto con il limite dell’onnipotenza e con i riflessi della colpa, della vergogna, che spingono a proiettare su un nemico esterno sentimenti insostenibili, provocando evasione dal dolore e dalla responsabilità.

 

TEATRI DI FINZIONE PER FRENARE L’IMPETUOSITA’ DEL CORPO, COSI’ COME IL SUO RASSEGNATO CEDIMENTO.

Proponiamo esercizi teatrali con personaggi diversi, in ruoli contrapposti, che fingano lo scontro delle forze aggressive, prospettiamo le possibili trasformazioni per proteggersi e frenare l’esplosione.

Attiriamoli verso il significato complesso della parola libertà, prima vittima della guerra: non c’è libertà nella guerra che distrugge la sicurezza del diritto all’esistenza di ognuno e instaura il regime della paura, la contrapposizione tra aggressore e aggredito.

Avviciniamo alle arti della diplomazia che, dalla storia antica ad oggi, riconoscono che nel sapere del buon negoziatore deve esserci “il perfetto controllo del proprio corpo, delle emozioni proprie e altrui, unite alla capacità di cogliere empaticamente i bisogni e le intenzioni degli interlocutori” (Francois de Callières, Sulla maniera di negoziare con i sovrani, 1716).


E’ responsabilità degli adulti
ritrovare e trasmettere la fiducia che “l’uomo è quella forza che finisce sempre per scacciare i tiranni e gli idoli”. È la forza umana che tende a ri-creare un mondo in cui non siano persi motivi per cantare, ridere e gioire delle cose belle e della condivisione, dove la luna di Kiev è bella come la luna di Roma, forse non la stessa, ma è sorella. (da La luna di Kiev, G. Rodari).

 

* Si può leggere qui: https://www.repubblica.it-salute del 22.3,   l’articolo ”Adolescenti tra rabbia e sfiducia: prima la pandemia e ora la guerra”, che riporta un sondaggio su “La salute mentale dei giovani tra pandemia e guerra” condotto dall’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, GAP, cyberbullismo), in collaborazione con il portale Skuola.net, su un campione di 4.935 ragazzi di età compresa tra gli 8 e i 19 anni.

E anche qui: In European Classrooms, Questions About a War So Close to Home
https://www.nytimes.com/2022/03/31/world/europe/ukraine-war-schools.html?referringSource=articleShare