di Claudia Balottari
Cosa resta di essenziale, a distanza di un po’ di tempo, di tutti i pensieri in circolazione in un gruppo di persone interessate allo stesso oggetto di studio e di lavoro? Proviamo a dirlo. (Paradossalmente, allontanandosi dall’oggetto, questo appare più visibile nella sua relazione con l’ambiente).
- L’invito alla RICERCA E ALLA CONOSCENZA. Come in una nascita, è un invito che prevede qualcuno che abbia avuto cura di preparare un luogo di accoglienza e fornisca sussistenza, al corpo e alla mente. È necessario il supporto di un ambiente, un gruppo, una comunità partecipante, affettivamente coinvolta: come per la madre e il neonato, per nascere in una relazione costruttiva non si può essere da soli, senza un contesto affettivo disposto al bene comune.
Il luogo del convegno, nello scenario di cantieri navali e orizzonti marini, con lo sfondo del ponte di Renzo Piano che abbiamo adottato come metafora per la pagina Genitori-Figli, ha fornito l’ideale immaginario dell’appassionata tensione umana ad andare “verso” e “oltre frontiera”, ad avvicinare, a portare a sé: un invito a predisporsi al viaggio verso l’Altro, straniero ed estraneo, attraente e inquietante nello stesso tempo. Inquietante, perché nell’estraneità si annida la paura di pulsioni “innaturali”: la spinta ad annullare le differenze anziché a conoscerle, alimentando la propensione alla conquista, alla supremazia e alla colonizzazione, rovesciando il bene della reciprocità nel male del possesso.
- MIGRANTI PER NATURA: LA PROPENSIONE NATURALE A CONOSCERSI COSTRUISCE LA SALUTE MENTALE.
“La forza di carattere ha la sua base in alcuni processi molto arcaici. È la madre la prima e fondamentale relazione che permette al bambino di fare esperienza dei sentimenti di amore e di odio. Ella non rappresenta solo un oggetto esterno, poiché il bambino fa propri dentro di sé gli aspetti della sua personalità” (M. Klein, Sulla salute mentale, British Journal of Medical Psychology,1960, traduzione di Anna Sabatini Scalmati).
È percependo questa propensione al “viaggio” che proviamo l’intuizione di poter arrivare a incontrare l’altro per conoscerlo: con un brivido di paura per l’imprevedibilità dell’esperienza emozionale, che fa rivivere nel presente qualcosa del passato e qualcosa del futuro. Così accade in ogni nascita, dove neonato e madre sono stranieri l’uno all’altro, migranti per natura, l’uno verso l’altro alla ricerca di accasamento, appartenenza, familiarità.
Il messaggio che raccogliamo è l’invito a perseguire l’amore per la ricerca e i possibili cambiamenti di prospettiva nel rivedere le teorie, nell’immaginare adattamenti ed estensioni del metodo psicoanalitico con bambini e adolescenti.
Un movimento di ricerca che, nella psicoanalisi, si accomuna a quello sulle patologie gravi e che con queste condivide l’importanza di approfondire lo studio dell’infantile nelle sue relazioni originarie, dove hanno inizio i processi dell’amore e dell’odio tra sé e sé e tra sé e il mondo esterno, processi che costruiscono le prime strutture dell’apparato per pensare e della salute mentale. Diventeranno via via più complessi, e in continuo movimento, ma conserveranno l’impronta dell’origine. L’impronta riemergerà in modo nascosto o con evidenze da intercettare e da interpretare in ogni fase di passaggio della vita e, in particolare, riemergeranno nell’adolescenza, a reclamare l’ascolto e gli sguardi che non ci sono stati, chiedendo riparazione delle sviste e delle sordità.
- ROVESCIAMENTI E INTERAZIONI: CAMBIARE PROSPETTIVA FA VEDERE ALTRO, IL LATO INVISIBILE (E INVIVIBILE) DELLE COSE. FA CAMBIARE LA MENTE.
“Solo un bambino avrebbe potuto combattere, dalla sua culla, contro gli innaturali pensieri di suo padre, in forza del suo pianto o del suo riso, e del mistero del suo futuro” (A. Yeoshua, Il signor Mani).
Quando i “pensieri innaturali”, le credenze culturali, le ideologie, resistono alle seduzioni del bambino portatore di cambiamento, nella relazione si rovescia il vissuto “fuori psiche” del passato. Esperienze dolorose, non elaborate, sono pronte a riemergere in eccesso come “fantasmi nella nursery”, memorie profondamente inconsce, immagini mentali che minacciano la stabilità emotiva e che condizionano la possibilità di empatia e sintonizzazione con il figlio, non visto nella sua realtà e, nei casi più gravi, visto come pericoloso o mostruoso. I bambini hanno un’anima prensile e sensibile, propensa alle illusioni e al contagio che ricevono da altri, diventando portatori inconsapevoli di “scorie” altrui, o di altrui fragilità, così che si trovano a un certo punto a non sentirsi realmente esistenti ma ricettacoli di depositi non propri.
Allora, per la madre e il bambino, per tutto il gruppo familiare, la promessa dell’avvenire e del piacere della vita si restringe, e le “forze vitali” si organizzano in fortezze difensive, mantenendo divieto di accesso alla speranza di rinnovamento e riparazione della sofferenza patita. In questi casi, la cura ha l’urgenza dell’intervento precoce e sociale.
- CHI CURA CHI, LA CURA DELLE RELAZIONI: prevenzione e messa in sicurezza del futuro del figlio, che è futuro della discendenza e delle generazioni.
Vari modelli di psicoterapia madre-bambino, allargati ai personaggi del contesto di crescita, non sono cosa nuova, ma ogni volta ne traiamo conferma del dinamismo delle relazioni e della riorganizzazione psichica. Durante il Convegno, abbiamo visto in un video emozionante l’efficacia della psicoterapia madre-bambino “nei primi 1000 giorni di vita”, e le tempestive trasformazioni a cui può portare, perché il processo di cura si mette sull’onda di una disposizione naturale umana, la “preoccupazione materna primaria”, che ha sempre da svelare tracce di esistenza e di intento protettivo, anche in una madre “rifiutante” o in una madre “congelata, o in una madre “invasiva”. Nel caso citato, la relazione con il bambino ha fatto riemergere nella madre sentimenti inascoltati, ferite irrisolte e abbandoni crudeli che, sul piano fantasmatico, trasformavano il figlio in un persecutore.
- CHI CURA CHI: IL CURANTE È “TRA” LA MADRE E IL FIGLIO. ROVESCIARE LE EVIDENZE PER FAR POSTO A VERITA’ NASCOSTE.
Nel metodo psicoanalitico e nell’assetto mentale della cura psicoanalitica è intrinseca la disposizione al rovesciamento: innanzitutto il rovesciamento della disperazione in speranza di aiuto. Il terapeuta si pone “tra”, come su un ponte da cui osserva e ascolta e convive con quel che viene dai due lati. Apre spazio per far emergere “nuove evidenze”: l’agire naturale innato del corpo del bambino, che vive con i sensi, che sa quello che è giusto per sé senza alcun bisogno di parole. Il terapeuta dà voce all’uno e all’altro, aspettando il momento giusto, sapendo di essere coinvolto nel campo di cura. Apre spazi di avvicinamento, dove è il silenzio che parla con gli sguardi e i gesti, a unire nel dialogo interiore e nel dialogo con l’altro. Spazi di gioco, dove non c’è un fine e un tornaconto. Solo uno scoprirsi profondamente umani nell’essere “stranieri”, nelle somiglianze e nelle differenze.
Tutti i lavori sono confluiti “naturalmente” verso il tema dell’estraneità e dello straniero, del migrante che cerca posto nella vita, nelle forme differenti che stanno ovunque. Il pensiero avanza nel preconscio del gruppo e con il gruppo che accompagna, in una comunità che tende a cambiare prospettive per aprire al domani. I contributi dell’Osservatorio di Psicoanalisi, del Servizio di Consultazione delle Terapie Agevolate e degli altri psicoanalisti del Centro Milanese “Cesare Musatti” saranno raccolti in uno dei “Quaderni del Centro Milanese di Psicoanalisi”, che sarà disponibile al pubblico.
Qui il link all’articolo di Ferri e Gentile nel “Report Eventi” di SPIWEB: https://www.spiweb.it/eventi/vi-convegno-nazionale-b-a-chi-cura-chi-genova-27-28-novembre-2021/