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Il fatto scelto

“La verità in psicoanalisi III” di René Roussillon

“La verità in psicoanalisi III” di René Roussillon

di René Roussillon
(
Traduzione di Olimpia Sartorelli)

Da dove viene l’Edipo? In cosa consiste? Si domanda Freud attorno al 1916 in “Lezioni di introduzione alla Psicoanalisi”. Potrebbe trattarsi di un organizzatore storico individuale, a sua volta preorganizzato da una preistoria dell’umanità.

In tempi passati è accaduto qualcosa di inscritto all’interno della vita del soggetto in termini di  preforma, di  “preconcezione” (se vogliamo impiegare un termine bioniano). L’ontogenesi ricapitola la filogenesi e la filogenesi è l’iscrizione delle tracce storiche, secondo le quali il bambino ha assistito alla scena del coito parentale, nella quale le figlie sono state verosimilmente sedotte da un padre tirannico e i figli castrati da questo stesso padre.

Giulio Turcato, senza titolo (dettaglio), 1971
Collezione Agrati

Questa “preconcezione” è alla base delle fantasie originarie, che vengono da un’altra storia. Nella storia del soggetto esiste dunque un vincolo, una “preforma”, che alimenta le fantasie originarie e il soggetto è  costretto a ritrovare nel proprio vissuto modi di alimentare queste preforme.

Mi trovo allora nel mio letto da bambino e sento dei  rumori provenienti dalla camera dei genitori. In  me esiste già l’idea del coito parentale e quindi associo i rumori uditi al coito parentale, fantasia organizzatrice della scena primaria. La storia individuale sfocia così in una preistoria e questa stessa preistoria finisce per organizzare il rapporto del soggetto con la propria storia.

Si fa strada allora l’idea che il modo di concepire la nostra storia individuale si modelli a partire da

un certo numero di preforme, che la organizzano; tra queste troviamo l’organizzazione edipica.

 

Nello stesso periodo in cui riflette sulle origini del complesso edipico (1915-1916), Freud comincia la scrittura di una quindicina di saggi per ultimare la metapsicologia psicoanalitica dell’epoca. Tuttavia non ne completerà la scrittura, fermandosi al termine del lavoro “Lutto e Melanconia”, perché qualcosa non torna.

Grazie al lavoro del lutto è possibile simbolizzare l’esperienza di perdita, ovvero abbandonare l’identità di percezione per  passare all’identità di pensiero, acquisendo un sistema simbolico che subentra al ritorno dell’allucinatorio. Grazie al processo del lutto la simbolizzazione è possibile. Tuttavia nella melanconia questa dinamica pare non funzionare; Come mai? Come mai in alcuni casi il soggetto non riesce a rinunciare all’identità di percezione, restando in quella specie di “logica del tutto”, secondo la quale occorre ritrovare “un tutto” identico ?  Rinunciare è complicato.

 

All’epoca Freud scrive a Ferenczi: “Ti confiderò un segreto non si rinuncia mai a nulla, non c’è lutto, c’è solo baratto.”

Considerando il tema della rinuncia Freud si spinge  in una posizione più complessa che ancora ci riguarda. La rinuncia non riguarda l’oggetto, non si rinuncia all’oggetto, si rinuncia a trovare l’oggetto seguendo il modello dell’identità percettiva, ovvero a trovare l’oggetto identico al modo in cui l’ho conosciuto. Senza dubbio si tratta di un lutto.

Nel lutto è impossibile ritrovare l’oggetto identico, vivente, presente, percepito e occorre accontentarsi di ritrovarlo seguendo il modello dell’identità simbolica.

Cerco mia madre, ma mia madre è morta. Incontro una donna, che ha qualche tratto del carattere di mia madre e quesi pochi tratti possono essere la base di un lavoro di simbolizzazione in cui ritrovo in parte mia madre, mio padre, mia sorella e tutti gli oggetti che hanno popolato il mondo erotico della mia infanzia.

Si tratta di un processo fondamentale per vivere, perché non si è più imbrigliati nella ricerca di una storia identica ma ci si concede di ritrovare una storia sufficiente prossima, a livello simbolico, al mondo erotico infantile, in grado di mobilitare il desiderio, l’ambivalenza e l’odio.

Si è così in grado di poter realizzare un “transfert”.