NARRARE LA PANDEMIA: BAMBINI ADOLESCENTI E ANALISTI RACCONTANO
di Paola Ferri e Gabriella Gentile
1. “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”
Era il 9 marzo 2020. Una giornata ancora fresca ma primaverile…un lunedì come sempre faticoso. Eravamo felici di tornare a casa dopo il lavoro, assolutamente inconsapevoli che per due mesi non ne saremmo quasi più usciti. Nel montaggio di immagini interne ed esterne di quella serata ricordo bene i pensieri selvaggi che affollavano la mia mente. Questo maledetto virus ci aveva raggiunti, tutti…paura di perdere persone care, fragili, paura di poter perdere la propria vita…la responsabilità…la sensazione di essere carcerati senza aver commesso nessun delitto…la nostalgia già presente dell’aria fresca della mattina, del saluto al mio acero, delle mie rigeneranti passeggiate.
E la poesia di Ungaretti (1918) martellante “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie” così mi sentivo.
Solo dopo un po’ un pensiero mi ha invasa: come farò con i miei piccoli pazienti? Così colpiti già da tanti traumi: lutti, terremoti, esperienze catastrofiche? Cosa ne sarà del setting? E del transfert “checché se ne dica, nessuno può essere battuto in absentia o in effigie” (Freud 1912). Come riusciremo a fare a meno della mediazione del gioco condiviso, e che ne sarà della dimensione corporea che per alcuni bimbi rappresenta l’unico modo di trovare una qualche coesione e senso di esistenza. Che ne sarà del non verbale affidato alla lettura di messaggi non esplicitati: la gestione della vicinanza e della distanza, l’intonazione vocale, l’espressione del volto? Riusciremo ad usare l’intuito?” Propongo di ricorrere per comodità di ricorrere al termine intuito e di farne in campo psicoanalitico un uso parallelo a quello che il medico fa di termini come “vedere”, “toccare” “odorare” (Bion 1970). E tutto sembra così innaturale.
Mi è venuto alla mente Ferenczi (1927) e la necessità che l’analista raggiunga la capacità di sentire dentro il vissuto del paziente e di immedesimarsi con esso. Ora lo so: non vorrebbero sentirsi soli.
Ho pensato che in guerra, in un ospedale da campo, si sarebbero curate e operate persone anche se le condizioni igieniche non erano quelle ottimali. Così avrei fatto anch’io, avrei fatto la mia parte, con gli strumenti disponibili lavorando “ai confini di quelle verità dell’esperienza umana che devono ancora essere conosciute, un luogo che genera incessantemente meraviglia e umiltà” Ogden (2022).
Mai come ora ho capito la metafora di Bion (2007) che vede paziente ed analista come due naufraghi mezzo al mare e …senza stanza. Come dice la Kristeva (2019): Io sono straniera e conosco cosa vuol dire sopravvivenza. Sopravvivere è inventare, re-inventare, re-inventarsi, mantenere per i piccoli pazienti la nostra preoccupazione materna primaria ai loro bisogni consci ed inconsci: unica invariante su cui contare, il nostro legame.
BIBLIOGRAFIA
BION WR. Attenzione e interpretazione (1970) Tr. It. Armando Roma, 1973
BION WR. Seminari Tavistock- Borla 2007
BION WR (1962). Apprendere dall’esperienza. Armando, Roma, 1972
FERENCZI S (1927) L’elasticità della tecnica psicoanalitica. Opere vol.4. Raffaello Cortina Editore, Milano: 2002
FREUD S (1912) Dinamica della Traslazione. In: Tecnica della Psicoanalisi. Opere di Sigmund Freud. vol 6 (pp. 523-532), Torino: Bollati Boringhieri
KRISTEVA J (2019) Prelude to an ethics of the feminine. Webinar IPA
OGDEN T. Prendere vita nella stanza d’analisi. Raffaello Cortina Editore, Milano: 2022
UNGARETTI G (1918). Soldati. In: L’allegria, 1931. Edito: Mondadori, 2011