Perché parlare di ageing o di invecchiamento oggi? Perché l’invecchiamento della società è la regola dei paesi occidentali, particolarmente dell’Italia. Infatti, la percentuale delle persone che hanno più di 65 anni da noi è più alta di quasi dieci punti rispetto a quella di chi è tra 0 e 14 anni. Nel 2018 il 22% della popolazione era sopra i 65 anni e solo il 13,3 per conto si collocava tra 0 e 14 anni. Ci sono più tombe che culle, più dipartite che nascite. Manca il ricambio fisiologico della popolazione. Per converso, la longevità ci mette in vetta alle classifiche dei paesi occidentali. Infatti, la speranza di vita alla nascita è oggi di circa 83 anni per le donne e quasi 80 per gli uomini. E dipende da un adeguato accesso – garantito alla popolazione generale – al nutrimento, alla prevenzione e cura delle malattie, all’istruzione e non ultimo a un fattore culturale e psicologico, cioè al fatto che permangono nella società italiana le “reti” familiari e extrafamiliari. In termini semplici vivere in famiglia protegge le persone più avanti nell’età.
Non per vezzo, ma per scelta preferiamo la parola inglese ageing in luogo di invecchiamento, perché il primo termine sottolinea l’aspetto “processuale” dell’accrescersi dell’età, un percorso fisiologico che accompagna l’intera vita, mentre il secondo, invecchiamento, sottolinea la perdita, il deterioramento e l’obsolescenza sia delle persone sia delle cose. Senza dimenticare le immagini legate al mondo di ieri, che vede gli ultrasessantacinquenni come pensionati ai giardinetti e d’altra parte senza sottovalutare il fatto che nella cultura di oggi l’immagine di tutto ciò che è vecchio è negativa e c’è una spinta forte a fare qualsiasi acrobazia per apparire giovani.
Il che ci porta immediatamente alle due diverse immagini che si possono avere del fenomeno ageing in psicoanalisi, focalizzandoci, per uscire dal generico, su una fascia di età, la midlife, che va dai 50-55 ai 70 anni. Una corrente, ben rappresentata dagli autori del volume The empty couch (a cura di G.Junkers) vede la midlife come un tempo in cui è necessario accettare le perdite, rinunciando ai sogni di onnipotenza che accompagnano la vita umana dall’adolescenza. L’ageing significa dunque fare i conti con i limiti, a partire dalla diminuzione degli aspetti vitali quali il piacere, l’energia, la libertà, la buona salute ecc e soprattutto della gioventù.
Altri psicoanalisti, che hanno raccolto le loro riflessioni in Updating midlife (Montero et al.) hanno sottolineato gli aspetti vitali dell’ageing, focalizzandosi sulla midlife come età nella quale continuano gli investimenti affettivi. Con questo termine la psicoanalisi indica la disponibilità di energia che si può indirizzare verso di sé, le altre persone e le cose. Nella midlife ci si può rinnovare, si può amare, pensare, appassionarsi. L’energia può essere addirittura superiore rispetto al passato.
Altri punti di vista inediti sono quelli espressi da Danielle Quinodoz in Invecchiare, dove mostra l’invecchiamento dinamico come un viaggio appassionante, in cui l’analisi non solo è possibile, ma arricchisce pazienti e analisti. E quello di Margarethe Mitscherlich che a oltre novant’anni sottolineava la libertà e la capacità di pensare in modo anticonvenzionale: due doni offerti dall’età avanzata.