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Il fatto scelto

La psicoanalisi è ancora una scienza sovversiva

Dall’epoca di Freud a oggi è cambiata la società ed è cambiata la psicoanalisi. Oggi come allora la psicoanalisi attrae, anche se per ragioni diverse, e sempre in controtendenza: il viaggio alla scoperta di sé, la tensione a dare un senso all’esperienza.

Di Giuseppe Pellizzari

La figura dello psicoanalista ai suoi esordi

La società viennese di fine ottocento in cui nasceva la psicoanalisi era caratterizzata da una struttura morale e da una forte repressione sessuale. Lo psicoanalista appariva come una figura suggestiva, depositaria di un sapere che seduceva e spaventava. Le sue interpretazioni scoperchiavano i rigidi tombini della borghesia e mostravano l’Acheronte dell’inconscio: incesti, seduzioni, perversioni. Alle parole dello psicoanalista era attribuito il potere taumaturgico di svelare la “verità” del paziente. L’inconscio era un testo già scritto, nascosto sotto le rovine di una civiltà decadente, che aspettava la parola rivelatrice per venire alla luce.

Lo psicoanalista oggi

Oggi, al contrario della rigidità di allora, la società presenta una “liquidità” diffusa. Non ci sono riferimenti solidi, ma una incertezza e una assenza di fondamenti che interessano la vita di ogni individuo. La sessualità non è più repressa, ma esibita: non c’è più un muro da abbattere.
Per questo motivo sembra che l’inconscio freudiano sia scomparso, che i pazienti di oggi siano più piatti, opachi, concreti, incapaci di “mentalizzare” rispetto a quelli di un tempo, che parevano posseduti da fantasmi affascinanti, drammatici, sconvolgenti.
Più volte la psicoanalisi è stata dichiarata estinta, superata da nuove forme di psicoterapia “tecnologica”, più adatte alla fretta e all’efficientismo performante.
Eppure non solo sopravvive, ma pare riscuotere nuovo interesse e rappresentare un richiamo controcorrente a un’etica dell’esperienza.
Pche lo svelamento a colpi di interpretazione della verità come testo già scritto e rimosso, il lavoro interpretativo si afferma come aspetto nuovo e contrastante con la cultura del tempo: l’attenzione paziente, condivisa tra paziente e psicoanalista, alla ricchezza di senso che il quotidiano reca con sé, con i suoi richiami al passato e le sue aperture all’ignoto, attraverso un lavoro creativo e condiviso. La verità come processo, che si trasforma nel suo farsi.
I pazienti non stanno più lì fermi sul lettino a farsi analizzare secondo regole indiscutibili.  È necessario introdurre variazioni e innovazioni, a partire dalla pratica clinica, che sollecita di continuo non semplici aggiustamenti, ma profondi ripensamenti. Questo può allarmare. Anche la psicoanalisi diventa “liquida”? Ci troviamo di fronte ad una “liquidazione” dei fondamenti teorici freudiani?
Al contrario il lavoro clinico sempre meno dogmatico, sempre più orientato alla valorizzazione della creatività dei pazienti e degli psicoanalisti, si apre con passione e curiosità alla sperimentazione e all’incontro partecipato con il contesto culturale in trasformazione, ha la possibilità di offrire e di scoprire una rinnovata freschezza di metodo e di intenti. Non a caso vi è un ritorno alla psicoanalisi anche se diversa da un tempo e più variegata: la psicoanalisi fatta per le persone e non le persone per la psicoanalisi.