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Il fatto scelto

The Umbrella Academy: gli eroi al tempo del lutto

di Daniela Mingotti

The Umbrella Academy è una serie televisiva – approdata su Netflix a febbraio -ispirata all’anonimo fumetto ideato dal cantante e fumettista americano Gerard Arthur Way. Sia il fumetto che la serie da cui è tratta hanno ricevuto un ampio consenso di pubblico e di critica, essendo un’opera che riecheggia di elementi fortemente infantili che permettono allo spettatore di riappropriarsi del tempo perduto di quanto si era bambini e si sognavano i supereroi.

La prima puntata ci presenta, infatti, sette bambini dotati di poteri speciali che vengono al mondo in modo sovraumano e che un ricco e quanto mai eccentrico miliardario decide di adottare. L’uomo assegna ad ognuno dei piccoli un nome e un numero e li avvia ad una educazione rigida e rigidamente focalizzata sullo sviluppo e controllo dei loro superpoteri. Sono una squadra, the Umbrella Academy, destinata a grandi imprese e a duratura fama. Intanto che come spettatori ci abbandoniamo alla rassicurante onnipotenza infantile, identificandoci con il supereroe che più ci assomiglia, veniamo deliziati da colpi di scena improvvisi, sparatorie, inseguimenti acrobatici, costumi quanto mai eccentrici ed originali, e deliziate le nostre orecchie da una colonna sonora molto ben assortita. A questo punto, prendendo a prestito le parole di commento al seminario “Il tempo della nostalgia e della caducità”, in programma per sabato 30 marzo presso il Centro Milanese di Psicoanalisi, posso dire che lo spettatore ha realizzato “l’irriducibile aspirazione narcisistica a riappropriarsi di ciò che è perduto”, l’età dell’oro dell’infanzia.

Eppure, presto ci accorgiamo che i nostri supereroi sono molto più terreni di quanto ci aspettavamo e l’atmosfera emotiva che si respira dentro questa accademia di superdotati è quella della perdita angosciosa piuttosto che del trionfo narcisistico. Scopriamo in breve tempo che i bambini sono cresciuti e piuttosto che essere diventati degli invincibili supereroi destinati a proteggere il mondo dai malvagi, si sono ritrovati ad essere dei fragili narcisisti le cui esistente barcollano pericolosamente tra fallimenti, illusioni, abuso di sostanze, umana infelicità, solitudini insuperabili, lutti non elaborati. Quando si ritrovano dopo anni al funerale del loro padre adottivo – che a proposito del contenuto del seminario sembrava loro non dover morire mai, come se il tempo potesse fermarsi e la caducità annullarsi – troviamo questo gruppo di fratelli che, frustrati ed appesantiti dalle loro vite “storte”, non riescono a fare nulla se non a mettere in campo una competizione cieca e distruttiva. I poteri di cui sono stati dotati li hanno resi “speciali” nel senso di diversi, disadattati, strani, emarginati finendo per essere più una disgrazia che non un vantaggio. A proposito del senso della perdita e del rimpianto con cui ogni essere umano deve fare i conti, direi che questa serie ne è traboccante e ci obbliga ad interrogarci mentre pensavamo solo di divertirci.

Comunque, non manca la tensione dell’Apocalisse che qualche malvagio sta per scatenare, così come un frenetico conto alla rovescia per salvare il mondo. Riusciranno i nostri eroi a non farsi schiacciare dall’ umano dolore che li sovrasta e a ricompattarsi come un gruppo che coopera piuttosto che compete per il bene comune? Sembrerebbe una domanda che – a proposito di caducità e rimpianti – gli ideatori della seria stanno rivolgendo agli spettatori in un momento di disastri ecologici ed umanitari prima che sia troppo tardi anche per noi.

Buona visione e buon seminario a tutti!